Terapie ipolipemizzanti
Riduzione dei livelli di colesterolo LDL
Il colesterolo LDL è alla base dello sviluppo dell’aterosclerosi e mostra un legame causale con le patologie cardiovascolari. Numerosi studi randomizzati in cieco hanno dimostrato che i farmaci per la riduzione dei livelli di colesterolo LDL diminuiscono il rischio di patologie cardiovascolari rispetto ai placebo. Sono attualmente disponibili molteplici terapie per la riduzione dei livelli di colesterolo LDL, fra cui statine, ezetimibe, acido bempedoico e inibitori della proproteina della convertasi subtilisina/kexin tipo 9 (PCSK9). I farmaci in questione hanno meccanismi di funzionamento differenti, ma tutti hanno mostrato di ridurre i livelli di colesterolo LDL e le patologie cardiovascolari. Ampie meta-analisi hanno dimostrato che per ogni riduzione di 1 mmol/l del livello di colesterolo LDL si osserva una diminuzione del 20% del rischio di patologie cardiovascolari nell’arco di un tempo mediano di controllo di 5 anni. Ciò vale a prescindere dalle modalità o dai farmaci utilizzati per ridurre i livelli di colesterolo LDL. Il programma di calcolo LDL permette di calcolare la riduzione dei livelli di colesterolo LDL che è possibile ottenere con differenti combinazioni di farmaci.
Statine
Le statine riducono i livelli di colesterolo LDL inibendo la HMG-CoA reduttasi, un enzima coinvolto nella produzione intracellulare delle molecole di colesterolo. Quando nelle cellule epatiche viene sintetizzato meno colesterolo, la produzione dei recettori LDL che rimuovono dal flusso sanguigno le particelle di LDL ricche di colesterolo viene regolata al rialzo. Ciò causa una conseguente riduzione dei livelli di colesterolo LDL presente nel flusso sanguigno.
Sono disponibili varie tipologie di statine, fra cui simvastatina, atorvastatina e rosuvastatina, tutte caratterizzate da livelli differenti di efficacia. Le linee guida raccomandano una riduzione del 50% dei livelli di colesterolo LDL nei pazienti che presentano un rischio cardiovascolare elevato; soltanto le statine più recenti (atorvastatina 40 mg o 80 mg e rosuvastatina 20 mg o 40 mg) permettono di conseguire tale riduzione. La valutazione dell’efficacia delle diverse statine è oggetto di studi controllati randomizzati che coinvolgono oltre centomila pazienti. Le meta-analisi di tali studi hanno costantemente dimostrato che l’uso delle statine dà luogo a una riduzione del rischio di patologie cardiovascolari anche in sottogruppi differenti di pazienti, fra cui uomini, donne, pazienti diabetici e anziani (di età superiore > 70 anni). Alcuni di tali pazienti (7 – 29%) sperimentano effetti collaterali, il più comune dei quali sono i dolori muscolari. In gran parte dei pazienti, è possibile ovviare a tale inconveniente cambiando tipo di statina.
Punti salienti
- La riduzione dei livelli di colesterolo LDL è un caposaldo della gestione del rischio cardiovascolare.
- La riduzione dei livelli di colesterolo LDL può essere ottenuta con statine, ezetimibe, inibitori di PCSK9 e acido bempedoico, tutti rivelatisi capaci di ridurre il rischio cardiovascolare.
- A prescindere dal farmaco utilizzato per ridurre il livello di colesterolo LDL, ogni riduzione di 1 mmol/l di tale livello dà luogo a una riduzione del 20% del rischio di patologie cardiovascolari.
Acido bempedoico
L’acido bempedoico inibisce un enzima detto ATP-citrato liasi. Tale enzima è simile alla HMG-CoA reduttasi coinvolta nella sintesi intracellulare del colesterolo. L’inibizione dell’enzima in questione dà origine a una maggiore espressione dei recettori di LDL sugli epatociti, che a sua volta dà luogo alla cattura di un maggior numero di particelle di LDL dal flusso sanguigno. L’acido bempedoico permette di ridurre del 20% circa i livelli di colesterolo LDL.
L’acido bempedoico è un profarmaco che viene convertito nella sua forma attiva all’interno delle cellule epatiche, ma non di quelle muscolari. A differenza delle statine, il suo impiego non è pertanto associato a dolori muscolari e miopatie. L’uso dell’acido bempedoico può tuttavia causare un aumento dei livelli di acidi urici nel flusso sanguigno, dando luogo a un leggero aumento del rischio di una maggiore frequenza di attacchi di gotta nel pazienti che presentano già familiarità con la stessa.
Ezetimibe
L’ezetimibe inibisce l’assorbimento del colesterolo apportato dal regime alimentare tramite il trasportatore NPC1L1 presente negli enterociti. Una quantità inferiore di colesterolo penetra così nella circolazione tramite i chilomicroni. In combinazione con una statina, l’ezetimibe consente una riduzione dei livelli di colesterolo LDL pari al 20% circa. È stato inoltre dimostrato che il suo impiego riduce il rischio di patologie cardiovascolari nei pazienti sottoposti a prevenzione secondaria. L’aggiunta di ezetimibe al regime terapeutico è raccomandata per i pazienti che non raggiungono i livelli target di colesterolo LDL tramite la monoterapia con statine.
Inibitori di PCSK9
Di recente sono diventati disponibili farmaci che inibiscono la funzione della proteina PCSK9. La proteina PCSK9 inibisce il riutilizzo dei recettori di LDL nel fegato scomponendoli a livello intracellulare. L’inibizione della proteina PCSK9 causa un aumento del numero di recettori di LDL disponibili sugli epatociti, dando luogo a una riduzione dei livelli di colesterolo LDL circolante. Sono attualmente disponibili tre inibitori di PCSK9, somministrati tramite iniezioni sottocutanee, vale a dire l’evolocumab, l’alirocumab e l’inclisiran.
L’evolocumab e l’alirocumab sono anticorpi che hanno come bersaglio la proteina PCSK9, facendole perdere la sua funzione. Tali anticorpi danno luogo a una riduzione di oltre il 50% dei livelli di colesterolo LDL e a una riduzione significativa del rischio di patologie cardiovascolari. L’inclisiran è un farmaco relativamente più recente che inibisce a livello di mRNA la sintesi della proteina PCSK9 negli epatociti. L’inclisiran, somministrato soltanto due volte all’anno, dà anch’esso luogo a una riduzione di oltre il 50% dei livelli di colesterolo LDL. Si ritiene che l’uso dell’inclisiran aumenti l’osservanza delle terapie in quanto prevede una frequenza di somministrazione molto più bassa.